Conosciamo San Paolo/3

Conosciamo San Paolo/3

La tradizione cristiana del NT attribuisce a Pietro il ruolo di “Apostolo dei Giudei” e a Paolo quello di “Apostolo dei pagani”. In realtà però, il primo ad annunciare il vangelo ai pagani è Pietro, guidato da Dio e dal suo Spirito.  Per l’evangelista Luca ne è testimonianza chiara la pagina degli Atti in cui racconta l’incontro, a Cesarea, tra Pietro e il centurione Cornelio (At 10,1-11,18). – Leggiamo la prima parte del nostro testo.

Il racconto che abbiamo ascoltato è uno dei più importanti del libro degli Atti, infatti per la prima volta il cristianesimo si apre ai pagani, cioè a noi. La prima cosa che balza agli occhi è l’iniziativa di Dio con ripetute apparizioni e visioni per guidare dall’alto lo sviluppo degli avvenimenti, a partire dalle due visioni iniziali. Da qui parte tutta l’azione successiva dei due protagonisti umani Pietro e Cornelio che eseguono con puntualità le indicazioni di Dio.

Però questo risalto dato all’azione di Dio non elimina un altro elemento che fa parte della struttura narrativa: gli incontri tra le persone, e i relativi discorsi di spiegazione. Infatti, è interessante notare che la comprensione degli ordini di Dio che danno l’avvio o l’impulso a tutta la vicenda, avviene mediante gli incontri, l’accoglienza, l’ospitalità e il confronto tra le persone: Pietro accoglie gli inviati di Cornelio; Cornelio accoglie Pietro e questi ne accetta l’ospitalità; Pietro va a Gerusalemme e si confronta con gli altri apostoli e fratelli.

All’interno di questi incontri e rapporti umani avviene la comunicazione che fa progredire la riflessione sugli avvenimenti vissuti e fa maturare la comprensione di fede. Questo cammino di fede, alla fine si esprimerà in una preghiera corale che celebra l’azione di Dio: “All’udire questo cominciarono a glorificare Dio” (At 11,18).

Tutto questo processo, dove incontriamo rivelazione divina e riflessione umana, accoglienza e scambio di doni, conduce di una chiesa-comunità aperta dove i pagani entrano a far parte, a pieno diritto, del popolo di Dio. Questa verità verrà sanzionata ufficialmente nel concilio di Gerusalemme, dove Pietro richiamerà espressamente l’avvenimento decisivo di Cornelio, primizia dei pagani chiamati alla fede (At. 15,14).

Le visioni di Cornelio (10,1-8) e di Pietro (10,9-16).

Ripercorriamo le fasi salienti del nostro racconto. Luca si preoccupa di contestualizzarlo con cura. Infatti, poco prima al cap. 9 dice che “la Chiesa era in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero” (9,31). Pietro, intanto è impegnato “a far visita a tutti” (9,32). Si reca a Lidda dove guarisce un paralitico di nome Enea e a Giaffa risuscita una discepola chiamata Tabità, Gazzella.

Destinatari di questi contatti pastorali dell’apostolo, sono le comunità cristiane sorte in ambito ebraico. Si tratta, cioè, di credenti nel Signore Gesù provenienti dal mondo ebraico. In questo contesto, ecco la svolta inattesa: due scene raccontate di seguito strettamente legate tra loro: la visione di Cornelio, centurione romano, a Cesarea e la visione di Pietro a Giaffa. “Vi era a Cesarea un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte detta Italica. Era religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio” (At 10,1-2).

Luca descrive Cornelio come un simpatizzante della religione ebraica; un uomo timorato di Dio e di profonda religiosità, dedito alla preghiera e alle opere di carità, due capisaldi della spiritualità ebraica. Per questo, molto stimato dalla gente. Un giorno, nella preghiera pomeridiana gli appare un angelo, lo chiama per nome e gli dice che il suo stile di vita e il suo agire è gradito agli occhi di Dio. Dopo questa premessa, il messaggio centrale di tutta la scena: “Ora manda degli uomini a Giaffa e fa venire un certo Simone detto Pietro” (v. 5)

Nulla viene detto a Cornelio circa lo scopo della visita di Pietro a casa sua. Questo punto rimane in sospeso. Solo nell’incontro diretto tra i due il “mosaico” del progetto divino prenderà forma. Cornelio, intanto, obbedisce prontamente all’ordine ricevuto e invia tre uomini a Giaffa perché rintraccino Pietro.

Il giorno dopo avviene l’esperienza di Pietro, anche questa in un contesto di preghiera. Mentre prega, all’ora di pranzo, sul terrazzo della casa che lo ospita, Pietro vede il cielo aperto e una grande tovaglia calata a terra che contiene una gran quantità di animali e di uccelli puri e impuri. Una voce gli dice: “Alzati, Pietro, immola e mangia!” Ma lui, prontamente risponde: “Non sia mai, Signore, io non ho mai mangiato nulla di impuro”. E la voce di nuovo a lui: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano, immondo”. La scena si ripete per ben tre volte, e poi il lenzuolo con il suo contenuto viene tirato su, verso il cielo.

L’esperienza vissuta e le parole ascoltate sono per Pietro motivo di turbamento e di smarrimento, perché mettono in discussione il complesso delle prescrizioni contenute nella Legge circa il puro e l’impuro, la cui osservanza è garanzia della santità di Israele davanti a Dio e manifestazione davanti agli altri del suo essere “il popolo eletto”.

L’osservanza delle prescrizioni alimentari, nella rivelazione biblica, hanno, appunto, lo scopo di sottolineare la separazione di Israele dagli altri popoli, per salvaguardare la sua peculiarità di “popolo eletto” e garantire così la sua missione di testimone della presenza del Dio vivente nel cuore dell’umanità. Comprendiamo, pertanto, il perché della reazione istintiva e indispettita di Pietro che contesta la voce del Signore e si rifiuta di mangiare ciò che è “comune o impuro”.

Mentre Pietro sta interrogandosi sul significato della rivelazione divina, arrivano gli inviati da Cesarea che cercano proprio lui. L’intervento dello Spirito Santo lo invita a superare gli scrupoli e ad accogliere senza esitazione quegli uomini stranieri: “Alzati, scendi e va’ con loro, senza esitare”, gli dice lo Spirito.

Sono molto pregnanti i verbi che usa Luca: “Alzarsi, scendere e andare con” indicano un risorgere, uno scendere come movimento interiore di conversione e un “andare con” gli altri e un “andare verso” i nuovi itinerari che il Signore sta tracciando per lui. Con docilità, Pietro si apre all’accoglienza della nuova situazione che gli si prospetta davanti, anche se non è ancora in grado di decifrare la direzione e i contorni.

Egli comincia a comprendere, tuttavia, che quel “viaggio” che aveva progettato “per tutti” (9,30) e che lo aveva portato fuori di Gerusalemme in visita alle comunità di Lidda e di Giaffa, ora lo sta conducendo molto più lontano, verso lidi sconosciuti, verso il mondo dei pagani. Dalla richiesta dei messaggeri di recarsi a Cesarea per portare a Cornelio “la parola che ha da dirgli”, Pietro comincia a comprendere che “tutti quegli animali” della visione simboleggiavano “tutti gli uomini” a favore dei quali Dio dichiara la caduta delle barriere etnico-religiose e garantisce per loro lo stato di “purità”.

Alla luce di questa intuizione, Pietro compie una scelta coraggiosa: “Li fece entrare e li ospitò” (10,23). Con questo gesto l’autore sacro non ci sta dicendo che Pietro è una persona educata e, in quanto tale, rispetta le regole dell’ospitalità. Ma ci rivela che in Pietro avviene un cambiamento radicale, una conversione. E così, lui, capo della comunità giudeo-cristiana, invita dei pagani a condividere le stessa mensa e ad abitare sotto lo stesso tetto; cosa inaudita per un giudeo. Un commentatore scrive che la trasformazione di Pietro “forse è più miracolosa della stessa conversione di Cornelio”.

Il giorno dopo Pietro si mette in viaggio verso Cesarea; un viaggio che sa essere voluto da Dio, ma del quale non immagina ancora tutta la portata e gli sviluppi successivi. Questo viaggio, infatti, segna il primo tratto del nuovo orizzonte della storia della salvezza: Pietro sta camminando con due gruppi di persone, uno formato da sei fedeli della comunità di giudeo-cristiani di Giaffa, l’altro formata da pagani, i tre emissari di Cornelio. Questi due gruppi, con ciò che rappresentano, presto formeranno un’unica comunità di credenti, la nuova Ekklesìa, convocata dallo Spirito Santo con la collaborazione degli uomini.

Dopo una giornata di cammino giungono a Cesarea dove Cornelio, con i suoi familiari e alcuni amici da lui invitati nella circostanza, accoglie Pietro con grandi onori: “Gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio”. Ma Pietro, da parte sua risponde con un gesto e una parola significativi: “Lo rialzò, dicendo: anche io sono un uomo!”, sottolineando la comune identità e dignità di uomo tra gli uomini. Tale comune condizione e dignità viene confermata dal fatto che i due entrano nella sala “continuando a conversare” tra loro alla pari, come se fossero vecchi amici!

Davanti a quella assemblea di persone che non conosce, Pietro confessa con umiltà una constatazione che riempie di meraviglia lui per primo: “Voi sapete che a un Giudeo non è lecito avere contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo” (v. 28).

Quindi, con candore quasi infantile, chiede a Cornelio e ai presenti “per quale ragione mi avete mandato a chiamare?”.

Cornelio racconta, per l’ennesima volta, l’esperienza della visione di cui è stato protagonista e conclude: “Ora dunque tutti noi siamo qui riuniti, al cospetto di Dio, per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato” (v. 33). Allora Pietro prende la parola, innanzitutto per constatare l’agire sorprendente di Dio: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (vv. 34-35). Con grande meraviglia Pietro fa la scoperta che Dio non valuta le persone per stirpe e sangue (o per altri blasoni di sorta), ma accoglie nel suo abbraccio di Padre tutti coloro che vivono con rettitudine di coscienza.

Fatta questa premessa, Pietro annuncia il kerigma, cioè il lieto annuncio della fede nel Signore Gesù e dell’opera di salvezza da lui compiuta. Il discorso è uno dei più importanti del libro degli Atti perché richiama i momenti salienti della vita di Gesù, che sono “eventi di salvezza”. Sono presenti numerosi riferimenti biblici tratti dall’A.T., a riprova del fatto che il compimento della salvezza non può non trovare riscontro nelle profezie del Primo Testamento.

Val la pena sottolineare che parlando di Gesù, Pietro non lo proclama “Messia e Figlio di Dio”, ma lo definisce “Signore di tutti” e “Giudice dei viventi e dei morti”. Usa, cioè, una terminologia maggiormente comprensibile da un uditorio di pagani. Ecco gli eventi salienti del ministero di Gesù che costituiscono “il Credo” della Chiesa:

1)L’unzione divina per mezzo dello Spirito Santo al momento del Battesimo al Giordano; 2) il suo percorrere in lungo e in largo ogni lembo della Palestina “beneficando e risanando tutti coloro che erano sotto il potere del diavolo”; 3) le opere da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme; 4) la morte in croce; 5) la risurrezione al terzo giorno ad opera di Dio e le apparizioni pasquali “a testimoni scelti, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione”; 6) la costituzione di Gesù, il Risorto, quale giudice universale; 7) la chiamata dei testimoni ad annunciare a tutti ciò di cui sono stati spettatori.

La missione salvifica operata da Gesù è presentata come un messaggio di pace universale. Afferma Pietro: “Questa è la parola che Dio ha inviato ai figli di Israele annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo”. Alla nascita di Gesù, a Betlemme, Luca aveva riferito che gli angeli annunciarono “pace sulla terra” (Lc 2,14). Il messaggio di pace, inteso come la sintesi dei beni messianici, è stato rivolto prima a Israele, ora invece viene proclamato a tutti, anche ai pagani di cui Cornelio e la sua famiglia sono primizia e figura rappresentativa.

L’invito finale rivolto a Cornelio e a tutti è di “credere in Lui”, cioè di aderire radicalmente a Gesù “per ottenere il perdono dei peccati per mezzo del suo nome” (10,43). L’annuncio di Pietro è confermato dall’intervento di Dio che dona lo Spirito a coloro che stanno ascoltando e accogliendo la Parola. Infatti, “Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola” (10,44). Avviene cioè una nuova Pentecoste che sarà chiamata “la Pentecoste dei pagani”. Questo evento sorprendente e inatteso riempie di meraviglia, primi fra tutti, Pietro e i discepoli che stanno con lui.

La conclusione a cui giunge Pietro, quindi, non può essere che una sola: il Battesimo nell’acqua a coloro che hanno già ricevuto il dono dello Spirito. “Allora Pietro disse: chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo? E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo” (10,47-48).

Pietro a Gerusalemme: difesa dei pagani convertiti (At 11,1-18).

La notizia della conversione di Cornelio arriva alla Chiesa madre di Gerusalemme dove si trovano gli apostoli e gli altri responsabili della comunità. La notizia è che “i pagani hanno accolto la Parola di Dio” (11,1). Con questa espressione Luca lascia intendere che il fatto di Cornelio assume il valore di un caso tipico e normativo. Cornelio è considerato dalla Chiesa primitiva il rappresentante del nuovo mondo dei pagani ai quali, ora, è aperta ufficialmente la via delle evangelizzazione.

Ma la cosa non passa in modo pacifico: i rappresentanti della Chiesa Giudeo-Cristiana di Gerusalemme, legati ancora agli scrupoli religiosi nei confronti dei pagani, affrontano Pietro e gli chiedono spiegazione del suo operato quando egli fa ritorno a Gerusalemme: “I circoncisi lo rimproveravano dicendo: sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato con loro” (11,3).

Allora Pietro con pazienza racconta i fatti così come si sono sviluppati fin dall’inizio, mette in risalto l’iniziativa di Dio e dello Spirito Santo e conclude con una domanda che non attende risposta: “Se dunque Dio ha dato loro (ai pagani) lo stesso dono che a noi per aver creduto nel Signore Gesù, chi ero io per porre impedimento a Dio?” (11,17).

Gli oppositori e i critici di Pietro si calmano e come in una specie di celebrazione corale proclamano il nuovo principio della salvezza universale mediante la fede: Dio dona la salvezza anche ai pagani mediante la conversione e la fede nel Signore Gesù riconosciuto quale Messia e Figlio di Dio. Questo è un principio-guida al quale si ispira il nuovo cammino missionario della chiesa.

Luca è preoccupato di far risaltare il fatto che l’incorporazione dei pagani al popolo di Dio non è opera di questo o di quest’altro, di Pietro o di Paolo, ma risale all’iniziativa di Dio attraverso l’azione molteplice dello Spirito. Perciò, nella conversione di Cornelio c’è anche una vera conversione di Pietro e della Chiesa di Gerusalemme.

La Parola di Dio ad Antiochia (At 11,19-30).

Nella seconda parte del cap. 11 Luca ci racconta la nascita della comunità di Antiochia, la prima formata da credenti provenienti dall’ebraismo e dal paganesimo. Antiochia è una citta della Siria attraversata dal fiume Oronte; nel primo secolo dell’era cristiana accoglie un’importante scuola filosofica di tradizione aristotelica, un culto ad Apollo (nei boschi di Dafne) rinomato in tutto l’oriente, un porto commerciale di primordine (Seleucia).

Con oltre mezzo milione di abitanti (di cui 200 mila schiavi, a motivo di una urbanizzazione selvaggia) è la terza città dell’Impero dopo Roma e Alessandria; ed è anche la capitale della provincia romana di Siria. Una città così variegata e cosmopolita, con una consistente comunità ebraica che vi risiede, diventa presto un ambiente ideale per il diffondersi del Vangelo anche tra i pagani.

A seguito della persecuzione contro i discepoli di Gesù, dopo il martirio di Stefano, un numero consistente di credenti, si rifugiano nelle regioni limitrofe, e anche ad Antiochia, ospiti di altri giudei rendendoli partecipi della loro fede e dei rinnovamento della loro vita, grazie alla fede nel Signore Gesù. E così, la buona notizia di Gesù, il Messia morto e risorto si diffonde sulla costa della Fenicia, nella Siria e nell’isola di Cipro.

Quindi, inizialmente, i nuovi discepoli provengono dal mondo ebraico. In seguito, però, arrivano ad Antiochia alcuni fratelli di cultura greca originari di Cipro e della Libia i quali iniziano ad annunciare il Signore Gesù anche ai Greci, ai pagani. E tra questi, molti aderiscono alla fede. La notizia –scrive Luca- “arriva alle orecchie della Chiesa di Gerusalemme” risollevando, questa volta su più vasta scala, le questioni riguardanti la difficile coabitazione tra fedeli provenienti dal giudaismo e quelli provenienti dal paganesimo.

I responsabili della Chiesa-Madre decidono di inviare ad Antiochia Barnaba, uomo saggio e capace di discernimento il quale nel passato aveva introdotto Saulo presso la comunità di Gerusalemme dopo l’esperienza di Damasco, garantendo la veridicità della sua conversione. Giunto ad Antiochia, Barnaba “avendo visto la grazia di Dio, gioì”, scrive Luca (11,23).

Barnaba si rallegra perché riconosce che fra i credenti di Antiochia è all’opera la grazia di Dio che sta permettendo, in una situazione nuova e imprevedibile, che uomini e donne idolatri e politeisti si aprano alla fede nel Dio dell’Alleanza e nel suo Figlio Gesù morto e risorto per la salvezza di tutti. Pertanto, da vero “figlio della consolazione”, Barnaba porta ai credenti di Antiochia una parola di conforto e li incoraggia a perseverare nel Signore.

Al tempo stesso, però, Barnaba si rende conto che ci vuole un uomo attrezzato culturalmente e teologicamente per far fronte all’urgenza di un’adeguata formazione per tutte queste persone che si avvicinano al mistero di Gesù, il Messia, senza avere la preparazione del giudaismo.

Con un lampo di genio, e docile allo Spirito, Barnaba decide di saltare su una nave e parte alla volta di Tarso in cerca di Saulo che egli ritiene l’uomo adatto a questo compito, perché ben introdotto nella cultura ellenista e, inoltre è colui che da persecutore della Chiesa è diventato “discepolo”, alla luce dell’esperienza di Damasco. Lo trova e lo invita ad essere suo collaboratore. E così, il duo Barnaba e Saulo diventa un sodalizio ben assortito per l’evangelizzazione dei pagani.

La loro attività apostolica ad Antiochia dura “un anno intero”, annota Luca. E aggiunge: “Ad Antiochia, per la prima volta, vengono chiamati Cristiani” (11,26); un termine che esprime tutta l’originalità e la pregnanza dell’adesione vitale a Gesù di Nazareth costituito Messia e Cristo. Pare che questo appellativo sia stato coniato dai pagani, prendendo come nome proprio il titolo di Cristo (parola greca che significa “Unto”), da qui “Cristiani”, ossia “seguaci”, “partigiani” di Cristo.

Il racconto della fondazione della chiesa di Antiochia si conclude con una nota significativa: la raccolta di questa comunità a favore dei fratelli di Gerusalemme e della Giudea colpiti dalla carestia al tempo dell’imperatore Claudio. Si tratta di un gesto di condivisione tra le due comunità: i fratelli della Chiesa-Madre di Gerusalemme hanno condiviso “la buona notizia” della Grazia del Signore con la gente di Antiochia. E ora questi fratelli condividono con i primi parte dei loro beni materiali, in segno di solidarietà fraterna. E Luca annota: “Questo fecero, indirizzandoli agli Anziani, per mezzo di Barnaba e Saulo” (11,30).

27 aprile 2017, enio-mario-de-mare