Catechisti parrocchiali

Catechisti parrocchiali

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Il catechista è un chiamato

Quali sono i motivi per cui una persona diventa catechista? Al di là delle urgenze e dei bisogni di una comunità cristiana e dei suoi pastori, l’origine del servizio va ricercata in una chiamata che il Signore stesso rivolge ad alcune persone per il servizio alla sua Parola. I catechisti laici non sono semplici operatori, casualmente incaricati dal parroco di svolgere un qualsiasi servizio. Sono invece destinatari di una chiamata divina, radicata nel battesimo e inserita nella Chiesa.

Occorre dunque guardare con fede alla presenza dei catechisti, superando preoccupazioni di carattere funzionale od organizzativo, riconoscendo l’azione dello Spirito.

Inoltre, lo stesso Spirito santo non solo per mezzo dei sacramenti e dei ministeri santifica il popolo di Dio e lo guida e adorna di virtù, ma “distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui” (1 Cor. 12, 11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere o uffici, utili al rinnovamento della chiesa e allo sviluppo della sua costruzione, secondo quelle parole: “A ciascuno… la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio” (1 Cor. 12, 7). (LG 12). Una persona, dunque, non “decide” di diventare catechista, o non “decide” immediatamente. La sua decisione è sempre conseguenza di qualcosa che precede, di una chiamata che interpella la libertà del singolo. L’iniziativa è del Signore che chiama e che coinvolge nella stessa missione che il Padre gli ha affidato. La chiamata può nascere da un’eventualità o da un’urgenza, ma la vocazione è autentica quando è libera e consapevole e, sottoposta al discernimento ecclesiale, gode della garanzia che esprime chi ha il carisma dell’autorità. Il mandato ne è il segno più eloquente: non si tratta di ricevere una sorta di abilitazione al ruolo, ma il riconoscimento ufficiale di una particolare vocazione e di una particolare missione ad opera della Chiesa e dei suoi pastori. Per questo l’azione del catechista non può mai essere separata dalla Chiesa: essa si impegna a promuovere e sostenere la loro identità e il loro servizio; egli annuncia il vangelo che la Chiesa gli dona e in comunione con essa. La chiamata del catechista domanda di essere accolta con umiltà e fiducia: il mistero con cui è venuto a contatto lo trascende infinitamente e tuttavia, anima tutta la sua azione, lo custodisce, lo conduce nel cammino. Può darsi che in alcuni momenti si senta inadeguato, ma forse è perché impari a confidare non sulle proprie risorse o su una propria sapienza, ma sulla forza della Parola. E con quella Parola, che l’ha chiamato e di cui è diventato servitore, deve mantenere un particolare contatto, nella preghiera, affidandosi ad essa, per divenire, nello Spirito, strumento adatto della benevolenza del Padre (RdC 185).

“L’essere destinatario di un dono di Dio e l’essere divenuto dono di Dio agli altri, deve far sorgere nel catechista l’esigenza di una forte crescita spirituale. Egli è discepolo in costante ascolto del suo Maestro. Come Maria, la prima dei discepoli del suo Figlio, così ogni catechista deve saper accogliere con umiltà e meditare la parola del Vangelo e riferirsi costantemente ad essa”

Un servizio catechistico svolto al di fuori di una prospettiva vocazionale, può essere efficiente sul piano del metodo, ma sfigura l’identità del catechista rendendolo più simile ad un funzionario di un’organizzazione che all’uomo di Dio, da lui scelto e inviato per annunciare la Parola che salva.

Il catechista è un testimone

 All’indomani della risurrezione e ascensione al cielo di Gesù, si apre il tempo della testimonianza: Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e Samaria e fino agli estremi confini della terra (At 1,8). Testimoni privilegiati sono gli apostoli, che ricevono un particolare mandato da parte di Gesù, ma la testimonianza progressivamente si allarga e coinvolge ogni credente. Testimone è chi ha vissuto l’incontro con Cristo, ha sperimentato che egli è vivo e porta tale annuncio agli altri. Testimone è chi può dire con Giovanni ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato… lo annunziamo a voi (1Gv 1,1).

Si tratta di un annuncio che pervade tutta la vita, che si fa esplicito nelle parole ma che al contempo le precede e le accompagna. La testimonianza riguarda le parole e i fatti, gli atteggiamenti e i pensieri, i modi di fare e di vivere, resi sempre più somiglianti a Gesù, tanto da dire non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20).

Il catechista si caratterizza anzitutto per la sua vocazione e il suo impegno di testimone qualificato di Cristo e di tutto il suo mistero di salvezza (RdC 186).

Prima di ogni attività o metodologia che metterà in azione e all’interno di esse, il catechista testimonia il suo incontro con il Signore, la gioia di aver creduto in lui e di vivere in lui nell’amore. Non basta dunque che conosca adeguatamente il messaggio che trasmette: nei suoi occhi deve brillare un po’ di luce del mattino di pasqua, che lasci intuire che quanto dice è vero innanzitutto per lui. Solo tale riflesso sul suo volto può rendere affascinante quanto insegna agli altri: non si tratta di renderli partecipi di un insieme di verità studiate a tavolino, ma di un incontro che cambia la vita. Per questo non è concepibile un catechista che non viva un incontro quotidiano con il Signore nella preghiera, settimanale nell’Eucaristia, periodico nella riconciliazione. Non si può essere testimoni di chi non si conosce.

Tale incontro gioioso s’incarna nella coerenza di vita, nella fedeltà al vangelo di cui è divenuto annunciatore, nell’impegno vigile e operoso a combattere, anzi tutto in se stesso, quanto separa da esso.

La testimonianza della vita è divenuta più che mai una condizione essenziale per l’efficacia profonda della predicazione… Il mondo, che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio, che essi conoscano e che sia a loro familiare, co me se vedessero l’Invisibile (EN 76).

I catechisti non sono ripetitori di un messaggio che loro è estraneo, ma segni viventi di quanto annunciano. La loro vita dev’essere il primo catechismo per gli uomini cui si rivolgono.

Il mondo esige e si aspetta da noi semplicità di vita, spirito di preghiera, carità verso tutti e specialmente verso i piccoli e i poveri, ubbidienza e umiltà, distacco da noi stessi e rinuncia.

Senza questo contrassegno di santità, la nostra parola difficilmente si aprirà la strada nel cuore dell’uomo del nostro tempo, ma rischia di essere vana e infeconda.

La testimonianza domanda anche adesione libera e sincera al vangelo di Gesù. Non si può essere testimoni credibili quando esistono forti riserve sulle verità della fede o atteggiamenti di critica corrosiva verso la Chiesa. Una cosa è l’atteggiamento di ricerca paziente e fiduciosa o la situazione di chi sperimenta la propria fragilità ed è addolorato dal proprio venir meno, altra cosa è alimentare il dubbio o il sospetto sulla fede o riservarsi “zone franche” in cui la fede è bandita dalla vita.

La testimonianza non consente di vivere il servizio catechistico come un part-time di una vita che si gioca su dinamiche diverse da quanto si annuncia. Specie nei confronti delle giovani generazioni, molto attente alla testimonianza, le scelte concrete di ogni giorno sono il terreno di verifica che conferma o smentisce il messaggio cristiano.

Il catechista è maestro

La testimonianza specifica che il catechista rende alla fede, è quella dell’insegnamento (RdC 187).

Occorre però, sgombrare il campo da un approccio un po’ troppo scolastico a tale realtà. L’obiettivo infatti, non è quello di produrre una conoscenza intellettuale della fede ma una conoscenza viva, in cui tutte le facoltà umane siano coinvolte, il cuore, la mente, la volontà. Il catechista esercita nella Chiesa il compito di maestro, a edificazione del Corpo Mistico di Cristo, per la piena conoscenza dell’amore divino (RdC 187).

Ciò non esclude tuttavia, che in tale conoscenza, siano coinvolte anche le facoltà intellettuali, pronti sempre, secondo quello che dice l’apostolo, a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi (1Pt 3,15). Anzi, oggi forse bisogna insistere su tale dimensione, dato che la tendenza è quella di costruire una fede “fai da te”, privilegiando gli aspetti emotivi o pratici, lasciando impliciti alcuni contenuti o accogliendone altri estranei o in contraddizione con l’ortodossia cristiana. La catechesi si presenta come un insegnamento organico e sistematico delle verità della fede(CT 21), che richiede conoscenza approfondita e fedeltà all’integrità del messaggio, intorno al suo nucleo fondamentale: Gesù Cristo.

La sapienza del catechista è la vita di Gesù, il Cristo. Egli è il centro vivo della fede. Più concretamente ad un catechista è chiesta la conoscenza delle tappe fondamentali della storia della salvezza; una discreta capacità di leggere, interpretare e attualizzar e le pagine principali della Bibbia; la capacità di rendere ragione delle verità della fede espresse nel credo; l’attitudine a spiegare i segni della vita liturgica e sacramentale; la capacità di leggere la storia e di esprimere un giudizio alla luce della Parola di Dio. Egli dovrà mantenere un contatto sempre vivo con la Scrittura e con la Tradizione della Chiesa, affinchè la Parola della fede giunga ai destinatari non mutilata, non falsificata, non diminuita, ma completa e integrale, in tutto il suo rigore e in tutto il suo vigore (CT 30).

Questo compito non deve spaventare, ma deve condurre ad accogliere responsabilmente tutte le occasioni di formazione biblica e teologica offerte ai catechisti. A livello personale, può essere molto utile l’approfondimento della fede attraverso il CCC o il Catechismo degli Adulti.

La fisionomia di “maestro” deve condurre non solo ad approfondire i contenuti della fede, ma anche il modo con cui essi vanno trasmessi, rendendoli comprensibili e suscitando ciò che il Direttori o definisce la ricezione attiva dello stesso messaggio da parte di chi ascolta(DGC 241).

Alla sua catechesi il catechista deve premettere un’accurata preparazione… Egli non può improvvisare, né tanto meno recitare una lezione; deve impartire un insegnamento vivo che lo renda interprete del colloquio di Dio con gli uomini (RdC 187).

Alla formazione biblica e teologica occorre accompagnare anche quella metodologica e didattica, che aiuti a valorizzare quelle opportunità che possono suscitare interesse e attenzione e custodire nella memoria quanto si è appreso e conosciuto.

Oltre ad essere dotto nella fede il catechista dev’essere suadente nella parola, mettendo le proprie doti umane al servizio dell’atto di fede. non si tratta di essere persuasivi secondo le logiche commerciali.

La suasività non è un atteggiamento seduttore o intimidatorio, ma è credibilità propria di chi offre quella verità su cui ha costruito la propria vita. In questa offerta di ciò che è il cuore della propria esistenza, in questa offerta priva di pretese e disposta a lasciare che l’altro ne faccia quello che vuole, vibra qualcosa del dono incondizionato che Cristo ha fatto di sé sulla croce: come lui e con lui ci si mette nelle mani della libertà altrui.

Il catechista è un educatore

Il ministero del catechista è a servizio dell’uomo, in nome di quella fedeltà che egli è chiamato ad esprimere nei suoi confronti (RdC 160).

Egli vive una vera passione per l’uomo, che lo porta ad essere attento ai referenti della sua catechesi, all’età, alle situazioni in cui vivono, sapendo che l’annuncio cristiano è valorizzazione e riscatto dell’umanità di ogni individuo, dato che chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo (GS 41).

Sarà importante quindi che il catechista, per primo, abbia raggiunto una certa maturità umana, verificando le motivazioni che sostengono il suo servizio e ponendosi accanto alle persone che gli sono affidate con uno stile di fraternità, che gli consenta di vivere rapporti liberi e gratuiti, di essere vicino con attenzione, premura e una confidenza che mai faccia perdere, però, l’autorevolezza necessaria.

Il catechista è un educatore dell’uomo e di tutto l’uomo, colui che ne favorisce la realizzazione vera, secondo il progetto di Dio e secondo lo stile con cui egli educa i suoi figli.

Ciò deve stimolare i catechisti sia ad una formazione personale che renda credibile la loro attività di educatori, sia ad una competenza umana e cristiana, che renda efficace un rapporto educativo, sia a sentirsi strumenti di un’opera educatrice che ha la sua prima fonte nell’azione dello Spirito.

Non è un compito facile, poiché oggi si assiste, spesso ad una sorta di “abdicazione” rispetto all’educare da parte di quelle agenzie che per prime ne dovrebbero vivere la responsabilità: la famiglia e la scuola. Nel primo caso si assiste ad un’educazione segnata, spesso, da un permissivismo indifferente o rassegnato che genera insicurezza nei soggetti; nel secondo, vi è, talvolta, la pretesa di essere neutrali, di trasmettere un sapere che non influisce sulle scelte dell’individuo.

Da parte di altre realtà educative, come ad esempio quelle sportive, vi sono preoccupanti riduzioni nella concezione dell’intervento pedagogico, limitandolo ad alcuni aspetti dello sviluppo di una persona o orientandolo alla realizzazione di un progetto poco rispettoso della complessità dell’individuo.

Il catechista è chiamato ad affermare l’importanza e la necessità dell’educazione, che non può prescindere da un modello di uomo cui si riferisce. Tale modello è Cristo, all’assunzione dei cui sentimenti il catechista vuole condurre chi gli è affidato.

Tale orizzonte però, non impedirà di essere attenti alle situazioni da cui partire e per questo le capacità pedagogiche del catechista lo porteranno ad una conoscenza adeguata del mondo moderno, nelle sue dimensioni sociali e culturali; ad una adeguata capacità di comprensione dei i dinamismi psicologici dei soggetti della catechesi; ad una intelligente interazione con essi, sullo stile del Dio-educatore.

Occorre tener presente che il vero problema della catechesi si è spostato oggi dall’asse educativo all’orizzonte culturale: non è più solo questione di stabilire un corretto itinerario pedagogico; è questione di recuperare uno spazio per la fede nell’esperienza complessiva della maturazione della persona, che si coglie, spesso, a prescindere da tale riferimento.

In tale quadro, il catechista dovrà essere in grado di promuovere i processi interiori di adesione alla fede a partire dalle diverse circostanze della vita, indicando alle persone che gli sono affidate la prospettiva di Dio. Nello stesso tempo sarà importante valorizzare le dimensioni comunitarie che meglio possono testimoniare la significatività per altri dello stesso cammino.

CATECHISTI PARROCCHIALI

  1. Romanelli Anna Maria
  2. Di Nuzzo Antonietta
  3. Petrocelli Caterina
  4. Lauria Angela
  5. Carlomagno Filomena
  6. Esposito Filomena
  7. Mignogna Filomena
  8. Castronuovo Lorena
  9. Tempone Lucia
  10. Calcagno Maria
  11. Lagrutta Palmira
  12. Cosentino Rosalina
  13. Rubino Rocco
  14. Cassino Vincenzina
  15. Cassino Sara
  16. Labanca Maria